Il concetto di INTELLIGENZA EMOTIVA è stato introdotto da Salovey e Mayer (1990) per descrivere “la capacità che hanno gli individui di monitorare le sensazioni proprie e quelle degli altri, discriminando tra vari tipi di emozioni ed usando questa informazione per incanalare pensieri ed azioni”.
Daniel Goleman, nel 1995, riprende tale concetto mediante la pubblicazione del suo libro ”Intelligenza emotiva”; questo termine, secondo Goleman, include l’autocontrollo, l’entusiasmo e la perseveranza, nonché la capacità di auto-monitorarsi.
Questi concetti possono essere insegnati ai ragazzi, mettendoli nelle migliori condizioni per far fruttare qualunque talento intellettuale la genetica abbia dato loro (Goleman, 1995).
Si afferma, che la famiglia è il primo contesto in cui apprendiamo gli insegnamenti riguardanti la vita emotiva. L’educazione emozionale opera, non solo attraverso le parole e le azioni dei genitori indirizzate al bambino, ma anche attraverso i modelli che gli offrono mostrandogli come gestiscono i loro sentimenti e la propria relazione coniugale. Avere dei genitori intelligenti, sotto il profilo emotivo, è una fonte di beneficio per il bambino.
I bambini che imparano a gestire le proprie emozioni tollerano meglio le situazioni stressanti, imparano a comunicare meglio i propri stati emozionali e sono in grado di sviluppare relazioni positive con la famiglia e gli amici, ottengono maggiori successi a scuola e sono meno a rischio rispetto comportamenti devianti e di dipendenza.
La scuola, in un’ottica di prevenzione, ci può aiutare in questo compito.
In un clima favorevole alla crescita, l’apprendimento è più profondo, procede più rapidamente, in quanto nel processo è investita l’intera persona, con sentimenti e passioni al pari dell’intelletto (Rogers, 1978).
L’analfabetismo emozionale rappresenta un fattore di rischio e pericolo per la società. L’esclusione o la marginalizzazione nei programmi scolastici di spazi da destinare alle competenze emotive, è un indicatore negativo che può spiegare l’impotenza delle istituzioni scolastiche di fronte all’aumento delle difficoltà e del disagio, oltre all’insorgenza di alcuni disturbi fra gli adolescenti e i bambini (Mariani, 2001).
La sofferenza psicologica, come evidenziato dalle ricerche in questo settore, può comportare stress, comportamenti di angoscia e insicurezza, problemi di comunicazione, sintomi di tensione e assunzione di sostanze psico-attive o l’inizio di comportamenti di dipendenza (social e smartphone).
I programmi di alfabetizzazione emotiva proposti nell’ambito della prevenzione, hanno come obiettivo quello di consentire un’adeguata gestione delle emozioni. Le finalità dello sviluppo dell’ intelligenza emotiva riguardano pertanto la conoscenza, l’acquisizione e la realizzazione delle competenze emotive relative a cinque aree:
- Consapevolezza di sé: conoscere in ogni istante i propri sentimenti e le proprie preferenze e usare questa conoscenza per guidare i processi decisionali; avere una valutazione realistica delle proprie abilità e fiducia in se stessi.
- Autocontrollo:gestire le proprie emozioni in modo che facilitino il compito in corso invece di interferire; essere coscienziosi e capaci di rimandare le gratificazioni per perseguire i propri obiettivi; saper ben fronteggiare la propria sofferenza emotiva.
Motivazione:usare le proprie preferenze più intime per spronare e guidare se stessi al raggiungimento dei propri obiettivi, come pure per aiutarsi a prendere l’iniziativa; essere altamente efficienti e perseverare nonostante insuccessi e frustrazioni.- Empatia: percepire i sentimenti degli altri, essere in grado di adottare la loro prospettiva e coltivare fiducia e sintonia emotiva con un’ampia gamma di persone fra loro diverse.
- Abilità sociali: gestire bene le emozioni nelle relazioni e saper leggere accuratamente le situazioni sociali; interagire fluidamente con gli altri e usare queste capacità per guidarli, per ricomporre dispute, come pure per cooperare e lavorare in equipe.
Questo nuovo punto di partenza nell ’introdurre l’alfabetizzazione nelle scuole fa delle emozioni e della vita sociale vere e proprie materie di insegnamento cosicché questi aspetti tanto rilevanti della vita quotidiana dell’alunno non vengono più considerati come intrusioni non pertinenti né come occasionale materia disciplinare.
L’apprendimento emozionale mette le radici e fruttifica, dando risultati in futuro (Goleman, 1995). In sintesi, il repertorio comportamentale dell’uomo, secondo Goleman, è in buona parte determinato dalle emozioni (Goleman, 1998).
Fondamentale è “essere nella prevenzione” in quanto ci permette di costruire validi e profondi rapporti con i bambini e i giovani, antidoti del disagio.
Sintonizzarsi con gli alunni e con i figli, offrire loro le parole che identificano quello specifico stato emotivo, condividere il significato di ciò che sentono e di conseguenza analizzare le problematiche connesse e le possibili soluzioni è un’azione altamente educativa. Costituisce, infatti, un’occasione di riflessione e di confronto con sé e con l’altro, diminuendo il rischio di perdersi nella “sicurezza” offerta da qualsiasi forma di dipendenza.
Se c’è una cosa da considerare, è l’importanza di guardare ai giovani con occhi liberi da ogni pregiudizio culturale, di ascoltarli aprendo la mente e il cuore, perché, se non si propongono valide alternative, “il giovane rabbioso di oggi è destinato a diventare l’uomo solitario e ostile di domani”.
Dott.ssa Alessandra Naccari, Referente Area Prevenzione